lunedì 23 marzo 2015

Le fobie



A differenza della paura, emozione che è comune a tutti noi e che viene sperimentata nel momento in cui ci troviamo di fronte ad un potenziale pericolo, di fronte cioè a qualcosa che potrebbe costituire per noi un rischio concreto (un animale feroce, una macchina che si avvicina sbandando a forte velocità, un incendio...), costituendo perciò una risposta adattiva da parte del nostro cervello che così "ci mette in allarme" e ci spinge a metterci al sicuro, o ad adottare comportamenti di protezione, le fobie sono in effetti paure riferite a qualcosa che non può costituire un pericolo reale, e rappresentano perciò l'esito di una reazione eccessiva e non adattiva: nonostante ciò, le sensazioni fisiologiche che possiamo percepire quando siamo alle prese con qualcuna di esse sono assolutamente reali, e ricalcano in pieno quelle che sperimentiamo in una situazione di rischio autentico.

La fobia deriva da un processo di apprendimento per associazione, il condizionamento classico: un oggetto o una situazione non realmente pericolosi vengono associati alla sensazione di pericolo, all'emozione della paura (che, come dicevamo è invece assolutamente reale); quest'associazione viene mantenuta nel tempo e rinforzata dall'evitamento che il soggetto mette in atto come "contromisura" per non provare più tali sgradevoli sensazioni, mantenendosi dunque a distanza dall'oggetto o dalla situazione in questione. 




Può accadere che la persona non ricordi l'occasione in cui è avvenuta l'associazione tra l'oggetto/la situazione e la paura; allo stesso modo, il soggetto può non essere sempre del tutto consapevole di mettere in atto un evitamento, e semplicemente... Può avvenire che lo utilizzi, sperimentando tuttavia le sensazioni fisiologiche della paura (tensione muscolare e tremore, tachicardia, sudorazione eccessiva, spossatezza, disturbi a livello gastrico e urinario, arrossamento e calore al viso, senso di soffocamento...) non appena l'elemento temuto viene "avvicinato", o anche solo pensato.

Il meccanismo dell'evitamento è però estremamente subdolo: il provare sollievo dalla paura senza di fatto aver provato a fronteggiarla, infatti, non fa altro che "confermare" falsamente che quello specifico oggetto o quella situazione sono realmente pericolosi, convincendoci che se stiamo bene è solo perché li abbiamo evitati: in poche parole, non diamo a noi stessi la possibilità di mettere in discussione (disconfermare) la nostra fobia, e il risultato è che la rinforziamo.
Questo può avere esiti molto pesanti sulle nostre abitudini e sulla nostra vita, portandoci ad auto-limitarci, a rinunciare ad esperienze nuove e piacevoli da fare da soli o insieme agli altri, in alcuni casi anche a metterci, paradossalmente, in altre (concrete) situazioni di pericolo. Pensiamo, ad esempio, ad una persona che ha la fobia degli aghi e che dunque eviterà di fare qualunque tipo di esame del sangue, con tutti i potenziali rischi conseguenti per la propria salute; oppure, a proposito di limitazioni alla propria vita sociale ed alle proprie esperienze, immaginiamo la vita di una persona con agorafobia, costretta in spazi limitati, talvolta limitatissimi.



Le tecniche più efficaci comunemente utilizzate in Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC) per affrontare e superare le fobie sono la Desensibilizzazione Sistematica (DS), sviluppata da Wolpe negli anni '50 del secolo scorso, ed abbinata al Rilassamento Muscolare Progressivo di Jacobson; l'esposizione in vivo, ed ultimamente -nonché sempre più frequentemente- anche l'ipnosi. Il trattamento di una fobia è generalmente di durata breve o media.